Nonostante il progetto sia stato pensato per gli istituti scolastici di ogni ordine e grado, in realtà può essere facilmente adattato a diversi contesti come comunità minorili e servizi educativi pubblici e privati.
Oggigiorno, nell’ambito dell’età evolutiva, si assiste ad un incremento sempre maggiore di problemi di regolazione emotiva e di disturbi correlati come, il disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD) e disturbi del Comportamento Dirompente, tra cui il Disturbo Oppositivo-Provocatorio e il Disturbo della Condotta. Le ripercussioni di tali disturbi sono solitamente riscontrabili in ambito scolastico (es. calo del rendimento scolastico), familiare (es. ricorrenti situazioni conflittuali) e sociale (emarginazione del soggetto dal gruppo dei pari).
Negli ultimi decenni, le ricerche nell’ambito della regolazione emotiva sono aumentate in modo esponenziale e hanno sottolineato sempre di più, il ruolo fondamentale che le emozioni rivestono nella vita di ogni individuo. Le emozioni infatti, sono indispensabili nel fornire l’energia fisiologica e motivazionale necessaria ad agire, permettono di focalizzare l’attenzione e sono fondamentali nel modulare i pensieri e le aspettative (Hareli e Weiner, 2002).
Molti teorici contemporanei (Taylor, Bagby & Parker, 1997; Solano, 2001; Emde, 1988a) concordano nel ritenere che la risposta emotiva coinvolge nell’uomo diversi sistemi, in primis, il sistema nervoso autonomo e il sistema cognitivo (Taylor et al., 1997). L’attivazione emotiva può
infatti, alterare o modulare l’attivazione degli altri sistemi.
Un aspetto interessante, delle ricerche degli ultimi anni, è l’enfasi posta sui processi bottom-up delle emozioni che risulterebbe in contrapposizione con la visione classica secondo la quale, le emozioni vengono controllate dalla ragione affinché non interferiscano con il comportamento socialmente atteso e desiderabile.
Oggi sappiamo che quando un’emozione è così intensa da diventare sopraffacente, le funzioni mentali superiori si disconnettono. Il concetto di disregolazione emotiva si riferisce infatti, ad un blocco dei processi mentali legati alla regolazione delle attività interconnesse di cervello-mente-corpoambiente (Lazarus e FolKman, 1984) che rende difficile trovare strategie di regolazione emotiva adattive e funzionali.
Dinanzi ad un processo di disregolazione emotiva si assiste ad un’incapacità di modificare o regolare tutti quei segnali fisici che l’emotività stessa produce, diventa difficile modulare l’intensità dell’esperienza vissuta, così come le azioni e le risposte verbali o non verbali che ne derivano. Si tratta di un funzionamento deficitario della competenza emotiva che non è sotto il totale controllo della consapevolezza e si attiva pertanto, in modo automatico e procedurale.
Ai fini di una comprensione più ampia del concetto di disregolazione emotiva, non possiamo tuttavia, trascurare il ruolo e l’impatto che eventi di vita traumatici possono avere in età evolutiva.
Oggi sappiamo che, le esperienze di vita avverse nei bambini e adolescenti sono molto più frequenti di quello che si crede e che, il trauma può avere un impatto su molteplici livelli (fisico, emotivo, comportamentale, cognitivo e relazionale) e i suoi effetti non sono temporanei.
Le risposte derivanti da un trauma (dove per trauma non intendiamo solo i traumi con la “T” ma anche quelli con la “t” vale a dire, tutte quelle esperienze soggettivamente disturbanti e ripetute nel tempo come trascuratezze fisiche ed emotive, negligenze, umiliazioni…) possono essere pervasive, assumere varie forme e non necessariamente sono riconducibili ai criteri diagnostici previsti per il DPTS (Disturbo Post Traumatico da Stress) (Nicolais G., Speranza AM, 2005).
Bambini e/o adolescenti con storie traumatiche o emotivamente stressanti possono manifestare diverse difficoltà tra cui, quelle legate alla capacità di regolare, in modo funzionale, le proprie risposte emotive e quindi, comportamentali. Si assiste infatti, a livello fisiologico, ad una riattivazione automatica di risposte di difesa legate ad un senso di minaccia percepita, anche in assenza di tale minaccia.
Questi bambini sono più predisposti infatti, a manifestare aggressività verbale e/o fisica, impulsività, irascibilità, iperattività o disattenzione ma anche, passività, isolamento, comportamenti bizzarri e stereotipati o sintomi somatici.
Possono presentare inoltre, difficoltà legate al problem solving, essere meno efficaci degli altri bambini nel generare un numero di soluzioni adattive di tipo interpersonale e possono utilizzare strategie disfunzionali per regolare le relazioni interpersonali. Questo genera di conseguenza, una spirale dentro la quale il bambino o l’adolescente ne risulta inghiottito, alimentando la convinzione di non essere capace o di essere “diverso” dagli altri e quindi, inaiutabile. Va di per sé che la performance scolastica e le relazioni interpersonali subiranno delle ripercussioni.
Ad oggi, lo stato dell’arte evidenzia il ruolo che le emozioni, se adeguatamente regolate e modulate, possono avere nei processi decisionali, promuovendo lo sviluppo delle abilità personali e relazionali.
Inoltre, sempre più ricerche trauma-oriented, dimostrano che promuovere una cultura sensibile orientata a comprendere gli effetti e l’impatto che il trauma può avere su ognuno di noi e in particolare, nello sviluppo di bambini e adolescenti, può predisporci ad assumere nuove lenti che facciano comprendere, in un’ottica più ampia, cosa può nascondersi dietro un comportamento apparentemente disfunzionale e che rappresenta solo la punta dell’iceberg.
Nasce da qui, l’idea di proporre un intervento mirato a promuovere e sostenere le abilità emotive, sociali e relazionali di bambini o adolescenti all’interno del contesto scolastico, che tenga conto dell’impatto degli eventi traumatici e delle risposte derivanti, per promuovere un clima sensibile e sicuro, in cui si possano prevenire fenomeni come la stigmatizzazione, la marginalizzazione e l’isolamento sociale.
Il fulcro principale del lavoro è un intervento psicoeducativo volto a fornire le conoscenze di base delle emozioni per poterle riconoscere, capire le funzioni evoluzionistiche legate alla sopravvivenza, offrire strumenti di gestione delle stesse e strategie di regolazione in ottica intra e
interpersonale, all’interno di un contesto cooperativo. È previsto un modulo in cui acquisire una nozione condivisa di cosa sia il trauma, quali sono i suoi effetti in età evolutiva e quali possono essere i disturbi correlati.
L’approccio è di tipo integrato e multidisciplinare; è previsto il coinvolgimento sia dei caregiver che degli insegnanti. L’idea è che il lavoro con chi si prende cura di bambini e/o adolescenti è imprescindibile da un lavoro esclusivo con gli stessi. È all’interno di relazioni sane, sicure e
funzionali con le figure più grandi, più forti e più sagge che il bambino o l’adolescente può imparare a riconoscere e regolare i propri stati emotivi e acquisire una maggiore funzione riflessiva sui propri e altrui stati emotivi.
Un contesto sicuro è un contesto in cui le emozioni possono essere modulate e di conseguenza, l’apprendimento può progredire. La scuola è quel luogo; un luogo che può aiutare il bambino a sentirsi al sicuro fisicamente, emotivamente, socialmente e accademicamente.
Il modello teorico di riferimento è quello della teoria dell’attaccamento di J. Bowlby, inserito nella cornice più ampia dell’orientamento cognitivo evoluzionista (G.Liotti) che coniuga lo studio dei rapporti fra emozione e cognizione con i principi dell’evoluzionismo, dell’etologia e delle neuroscienze affettive.
La “svolta relazionale” (Farina, Liotti, 2018) di questo orientamento ha contribuito a promuovere una cultura integrata dei disturbi correlati ai traumi precoci dello sviluppo ponendo attenzione ai fallimenti del caregiving e neglect considerati come alcune tra le esperienze traumatiche infantili più diffuse (Carlson et al. 2009; Lyons-Ruth et al. 2006) e dei correlati patogenetici derivanti tra cui, la disintegrazione delle funzioni mentali superiori (Lyons-Ruth et al. 2006; Carlson et al. 2009; Liotti e Farina 2011; Meares 2012; Fisher 2017).