«Ogni tempesta ha una sua fine. Una volta che tutti gli alberi sono stati sradicati, una volta che tutte le case sono state demolite, il vento si calmerà, le nuvole se ne andranno, la pioggia si fermerà. E solo allora, in quei momenti di quiete dopo la tempesta, capiamo chi è stato abbastanza forte da sopravvivere».
C’è un elemento che accomuna tutte le tempeste, non importa quanto siano state devastanti o quanti fulmini siano caduti, quando finiscono la luce torna ad illuminare l’oscurità. Ma è ancora fioca la luce che sta illuminando gli italiani, e non solo, nei giorni del post Covid-19. Ansia, incertezza, paura e malessere generalizzato sono gli strascichi di una tempesta che ha colpito anche, e soprattutto, i più vulnerabili: bambini e adolescenti.
La routine di un tempo scandito da scuola, amici, sport e svago è stata stravolta da un lockdown a più riprese. Se da un lato l’isolamento è stato utile e necessario, dall’altro ha influito negativamente sullo sviluppo dei più giovani, intaccando un ciclo di vita naturalmente fatto di esplorazioni, ricerca di nuove esperienze e progetti per il futuro.
La pandemia sta avendo forti ripercussioni sulla loro crescita. L’immagine che emerge da studi e ricerche è infatti tutt’altro che rassicurante.
Paura. È l’emozione con la quale, secondo la maggior parte degli studi internazionali, i giovani sono costretti a fare i conti in seguito alla positività al virus o alle conseguenze economiche e sociali subite dalla propria famiglia.
I numeri, del resto, parlano chiaro: il 35% degli adolescenti ha provato, tra marzo e maggio 2020, ansia e disagio; il 32% bassi livelli di ottimismo e il 50% basse aspettative per il futuro.
L’assenza della campanella in favore della tanta discussa Didattica A Distanza (DAD) ha fatto sì che la tristezza prendesse il sopravvento. Secondo una ricerca condotta dall’Università degli Studi di Parma, su 2.996 studenti italiani frequentanti la scuola secondaria di primo e di secondo grado, l’84% delle ragazze e il 68,2% dei ragazzi hanno dichiarato di essere tristi.
Mesi e mesi di DAD, inoltre, hanno causato negli studenti minore concentrazione e capacità di apprendimento, perdita motivazionale e maggiore affaticabilità. Distrarsi è facilissimo. Certo, svegliarsi tutte le mattine alle 7.00 per andare a scuola ed affrontare interrogazioni e compiti in classe poteva essere una sofferenza prima del Covid-19, ma almeno rappresentava una routine da rispettare, una certezza.
Non è da sottovalutare, poi, l’incalzante aumento dei disturbi del comportamento alimentare. In Italia il 70% degli adolescenti ha una relazione non sana con il cibo. L’insorgenza dell’anoressia nervosa è più precoce, sono aumentate le richieste di aiuto e sono peggiorati i disturbi preesistenti.
E ancora, l’assenza di contatti fisici e il susseguirsi delle ore trascorse in solitudine davanti ad uno schermo hanno aumentato la propensione all’isolamento. Soprattutto nei bambini la compagnia è fondamentale per il normale sviluppo psicologico. Di conseguenza, non è difficile immaginare come l’isolamento forzato abbia provocato irrequietezza, irritabilità e sintomi psicosomatici.
La presidente dell’Ordine degli psicologi toscani, Maria Antonietta Gulino, ha sottolineato che otto persone su dieci hanno sviluppato un malessere psicologico strutturato; due su dieci soffrono di disturbi mentali più severi.
Non a caso, molti ospedali d’Italia hanno assistito ad un considerevole aumento del numero di ricoveri nei reparti di psichiatria, soprattutto da parte dei più giovani. La richiesta di aiuto, in questi casi, subentra in seguito ad atti di autolesionismo, anoressia e, nei casi più gravi, di tentato suicidio.
«È come se l’isolamento e la sensazione di sentirsi in trappola – ha dichiarato Simona Barbera, responsabile del CPS Giovani dell’Ospedale Niguarda – avessero fatto da acceleratore per la manifestazione di certi disturbi.
Problemi che magari avrebbero sviluppato di fronte ad altre situazioni stressanti, come l’esame di maturità, si verificano adesso in questo scenario di stress collettivo molto impegnativo».
In alcuni casi, invece, la frustrazione si è trasformata in rabbia e la rabbia è sfociata in violenza. Le aggressioni e le risse tra adolescenti sono campanelli d’allarme che non sono passati inosservati.
«Ciò che è avvenuto in molte città – scrive Maria Antonietta Gulino – è ovviamente da condannare, ma condannare non basta: per risolvere i problemi bisogna affrontarli e capirne le ragioni».
Come affrontarli, dunque?
Se è vero che la felicità si può trovare anche negli attimi più tenebrosi, quali sono le risorse per agire tempestivamente, in modo efficace e coordinato? Scuola, famiglia ed esperti possono insegnare a potenziare la capacità di gestire lo stress e a normalizzare le emozioni negative.
Comunicare con i bambini e i ragazzi, chiedere loro come si sentono è fondamentale affinché non si sentano colpevoli o inutilmente incerti e spaventati.
Il secondo imprescindibile step è la ricostruzione di una routine e di uno stile di vita equilibrato, valorizzando l’autonomia e promuovendo l’integrazione. Aumentare il numero delle attività extrascolastiche, ad esempio, può favorire le occasioni di socialità, condivisione, gioco ed intrattenimento.
La pandemia da Covid-19 ha messo tutti a dura prova, sia fisicamente che psicologicamente. Ed è proprio in una situazione complessa come questa che la figura di uno psicoterapeuta può essere di aiuto.
Un professionista ascolta, comprende, mostra una visione differente del problema, aiuta ad ottenere più consapevolezza ma non giudica.
Tanto più rapidamente saranno attivate queste piccole misure, maggiore sarà la loro efficacia nel mitigare e ridurre le conseguenze di un’esperienza traumatica, di una tempesta chiamata Covid-19.