Molte volte sentiamo dire: “ho avuto un attacco di panico”, ma l’attacco di panico è una cosa molto precisa, fisica, emotiva, non è semplicemente un momento di smarrimento o dove ci sentiamo mancare a causa dell’ansia. E non è nemmeno un momento di paura.
Non sempre riusciamo a distinguere la paura dall’ansia; la paura rappresenta una risposta emotiva ad una minaccia reale, mentre l’ansia deriva da una minaccia sconosciuta o poco definita.
Quando sperimentiamo la paura, il pericolo è imminente, questo mobilita l’organismo per agire immediatamente. La paura è una rapida risposta comportamentale che porta all’evitamento attivo come l’attacco o la fuga o altre risposte automatiche come il freezing fino ad arrivare alla finta morte. La paura rientra tra le emozioni primarie di difesa, è una risposta adattativa che ci permette di reagire nel modo più efficace e rapido a stimoli che possono compromettere la nostra sopravvivenza.
La paura è accompagnata da reazioni organiche innescate dal sistema nervoso autonomo, preparando l’organismo a situazioni di emergenza. Le modificazioni coinvolgono l’attività degli organi interni producendo: tachicardia, ipersudorazione, iperventilazione, aumento del glucosio nel sangue, etc.
Si parla di ansia come un’emozione universale, componente necessaria della risposta dell’organismo allo stress. La risposta ansiosa agli eventi non deve necessariamente essere interpretata negativamente, in quanto nella giusta intensità prepara l’organismo a reagire prontamente e in maniera adeguata agli stimoli.
L’ansia infatti è un fenomeno normale: si tratta di un’emozione di base, comporta uno stato di attivazione dell’organismo che si innesca quando uno stimolo viene soggettivamente percepito come pericoloso.
Le ultime ricerche hanno evidenziato i meccanismi cerebrali coinvolti nei disturbi d’ansia, in termini di elaborazione della minaccia e di controllo della risposta di difesa. Chi soffre d’ansia presenta un’attenzione intensa nei confronti della minaccia, una difficoltà nel differenziare stati di sicurezza e stati di minaccia, un’evitamento da situazioni minacciose, forte reattività all’incertezza e una ipersensibilità nell’individuare situazioni minacciose accompagnata da una rappresentazione delle possibili conseguenze.
Parliamo di ansia fisiologica quando siamo preoccupati per eventi di vita salienti, come ad esempio una situazione economica difficile, un disagio sociale, la perdita del lavoro. In queste circostanze entra in gioco una reazione universale: sintomi come tremore, sudore, palpitazioni, incremento del battito cardiaco, divengono uno stato di tensione emotiva sana e funzionale. In questo modo l’ansia andrà a preparare l’organismo nel mobilitare risorse interne fino a motivare all’azione.
I disturbi d’ansia compaiono con una certa dose di paura ed evitamento, con una prevalenza dell’uno e dell’altro.
Nelle situazioni in cui è centrale la paura possiamo parlare di disturbo d’ansia internalizzante, mentre lo definiamo esternalizzante quando sono presenti condotte di evitamento.
I sintomi internalizzanti sono emozionali connessi a paura, vergogna, tristezza, bassa autostima, invece, quelli esternalizzanti si riferiscono a tutti quei comportamenti caratterizzati da aggressività, impulsività, iperattività immaginativa e difficoltà attentive.
Per attacco di panico intendiamo un episodio di ansia intollerabile di breve durata, che arriva al suo picco entro dieci minuti. E’ caratterizzato da sentimenti di paura e terrore. Chi la sperimenta vive un senso di catastrofe imminente, presentando spiccate manifestazioni neurovegetative. Il corpo presenta uno stato di attivazione intensa e generalizzata. Possono verificarsi in modo del tutto inaspettato, procurando una risposta di paura e impotenza.
Secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM 5), “un attacco di panico è caratterizzato da quattro o più dei seguenti sintomi: palpitazioni, battito cardiaco accelerato, sudorazione, tremori fini o grandi scosse, dispnea o senso di soffocamento, sensazioni di asfissia, dolore o fastidio al petto, nausea o disturbi addominali, vertigine o svenimento, brividi o forte calore, sensazione di torpore o di formicolio, sensazione di irrealtà o distacco da se stessi, paura di perdere il controllo o di impazzire, paura di morire“.
L’attacco di panico arriva all’improvviso, proprio per questo fa tanta paura. Chi lo sperimenta non riesce a capire cosa stia succedendo, teme di morire, svenire, perdere il controllo, avere un infarto.
In realtà, invece, presenta sempre un fattore scatenante, anche quando non si è in grado di riconoscerlo. Gli attacchi di panico sono mantenuti e generati dalle interpretazioni catastrofiche che chi lo sperimenta fa dei suoi sintomi fisici.
Dopo aver sperimentato un attacco di panico, il timore di poter rivivere tali sensazioni può portarci ad una significativa variazione del comportamento abituale o ad evitare situazioni ritenute potenzialmente “rischiose”. La paura del un nuovo attacco, inoltre produce uno stato di tensione generale e di irritabilità. E’ stato riscontrato che gli attacchi di panico sono correlati ad altri disturbi quali depressione e agorafobia.
Molte persone si chiedono se la psicoterapia possa funzionare.
Impegnarsi in un percorso psicoterapico può aiutare a identificare i fattori scatenanti e gestire i sintomi. La terapia cognitiva può essere particolarmente utile per le persone con disturbi d’ansia e di panico.
Nella terapia si utilizzano strategie volte a modificare i pensieri catastrofici automatici (es. mi verrà un infarto..). Questo fa si che con il tempo la persona impari a non aver paura delle sensazioni fisiche dell’ansia. Non avendo paura, imparando a conviverci aspettando che passino, si evita l’escalation che porta al panico.
I farmaci possono ridurre i sintomi del panico e dell’ansia grave o ricorrente. Possono essere usati in combinazione con la psicoterapia o come trattamento autonomo sempre sotto prescrizione e monitoraggio di un medico psichiatra.
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